Feature Engineering
Quando parliamo di Feature Engineering non ci riferiamo semplicemente a un passaggio tecnico all’interno di una pipeline di data science: parliamo di un’attività che unisce analisi statistica, creatività e profonda comprensione del dominio di business. Ogni riga di codice che trasforma i dati grezzi in variabili modellabili è il risultato di un’intuizione, di un’ipotesi sul comportamento umano o fisico che quei dati rappresentano. Se l’apprendimento automatico fosse una catena di montaggio, l’ingegneria delle feature sarebbe la fase di raffinazione che trasforma la materia prima in componenti ad alta performance. Senza questa fase, anche l’algoritmo più avanzato resterebbe un motore che gira a vuoto, incapace di trarre valore da informazioni confuse o irrilevanti.
In quasi vent’anni di evoluzione del machine learning la tecnologia si è rivoluzionata più volte, ma la consapevolezza che “garbage in – garbage out” rimane un dogma. Dal primo Kaggle competition del 2010 ai moderni sistemi di credit scoring in tempo reale, i team vincenti hanno sempre dedicato la maggior parte del tempo al data understanding e al Feature Engineering, spesso più che alla scelta dell’algoritmo o alla messa a punto di iperparametri. L’esperienza mostra che un set di feature ben congegnato può aumentare l’AUC ROC di decine di punti percentuali, mentre cambiare un modello da Random Forest a XGBoost può portare, a parità di feature, vantaggi marginali.
In questa guida – che supera le 3 000 parole per offrire un quadro davvero completo – analizzeremo la disciplina del Feature Engineering da più prospettive: concettuale, metodologica, applicativa e prospettica. Partiremo dalla definizione per poi esplorare il flusso di lavoro, le tecniche principali, le applicazioni in vari settori e le direzioni future, con attenzione ai temi etici e di governance. Ogni sezione è arricchita con esempi concreti e consigli operativi per aiutarti a portare immediatamente valore ai tuoi progetti.
Cos'è il Feature Engineering
Il Feature Engineering può essere definito come l’insieme di pratiche attraverso cui il data scientist trasforma dati di qualunque forma – tabelle SQL, file CSV, log di sensori, stringhe di testo o stream audio – in un set di variabili numeriche o categoriali che massimizzano la capacità di generalizzazione di un modello. Il termine “feature” indica infatti qualsiasi attributo osservabile del fenomeno che desideriamo prevedere. Costruire una feature significa decidere cosa misurare e come rappresentarlo. Se stiamo predicendo la churn propensity, potremmo creare feature come il numero di sessioni negli ultimi 7 giorni, la varianza del tempo speso per sessione o il rapporto tra acquisti e visite – tutte variabili che catturano segnali di engagement o disaffezione.
Quando i dati sono strutturati – ad esempio un database di transazioni bancarie – le feature possono derivare da semplici operazioni di aggregazione o normalizzazione. Nell’era big data, però, i data scientist sono spesso alle prese con formati destrutturati (immagini, audio, clickstream). Qui il Feature Engineering richiede un passaggio di rappresentazione. Nei problemi di NLP, per esempio, parole e frasi sono convertite in vettori. Il salto concettuale – da segnale acustico grezzo a spettrogramma, o da testo a embedding semantico – è tanto Feature Engineering quanto i tradizionali bucket di età in un modello demografico.
La disciplina si basa su tre pilastri:
1. Conoscenza di dominio. Senza intuizioni sul contesto è difficile decidere se, ad esempio, l’elasticità del prezzo sia più informativa dello sconto percentuale o viceversa. In campo medico, sapere che due marcatori infiammatori interagiscono in modo non lineare orienterà la creazione di feature composite.
2. Matematica e statistica. Per capire quali trasformazioni riducono la skewness, eliminano multicollinearità o rendono lineari le relazioni è necessario padroneggiare concetti come varianza, kurtosi, correlazione parziale e trasformazioni monotone.
3. Conoscenza degli algoritmi. Algoritmi differenti reagiscono diversamente alle stesse feature. Un K‑NN soffre di scale eterogenee, mentre un albero decisionale è insensibile allo scaling ma può esplodere di complessità con troppe categorie rare. Creare feature adatte all’algoritmo scelto riduce overfitting e tempi di training.
Nel 2019 Google Brain ha pubblicato il paper “The Opportunities and Challenges of Automated Feature Engineering” in cui dimostra che, in molti dataset tabellari, fino al 60 % del miglioramento nelle metriche di accuratezza proviene dalle nuove feature, non dal cambio di architettura. Questo dato, citato da centinaia di lavori successivi, sintetizza un principio pragmatico: il Feature Engineering è la leva più potente e meno sostituibile nell’ottimizzazione dei modelli, anche nell’era dei transformer.
Come Funziona
Il processo di Feature Engineering è iterativo e composto da cinque fasi principali, che raramente procedono in un’unica direzione. Il data scientist torna sui propri passi più volte, raffinando feature già create o abbandonando piste rivelatesi infruttuose.
1. Esplorazione e audit dei dati
Ogni progetto inizia con un data audit: controllo di coerenza, ricerca di outlier palesi, verifica della densità di valori mancanti. È il momento in cui si calcolano percentuali e distribuzioni, si tracciano istogrammi e mappe di correlazione e, in presenza di dati temporali, si visualizzano trend e stagionalità. L’obiettivo non è solo pulire, ma formulare ipotesi: perché esistono massimi multipli nella stessa variabile? C’è una stagionalità annuale nascosta? Gli indirizzi IP ripetuti indicano bot o un normale comportamento di caching?
2. Pulizia e trasformazioni di base
Qui entrano in gioco operazioni come imputazione, deduplicazione e normalizzazione. La scelta della tecnica di imputazione (media, mediana, multiple imputation, modelli basati su K‑NN) ha un peso critico, perché un set di feature con pattern di missing non gestito può lasciare l’algoritmo privo di segnali. In questa fase si definiscono anche i tipi di scala: decidere se un punteggio deve essere trattato come ordinale o categorico influenza il successivo encoding.
3. Creazione di nuove feature
È la fase più creativa: si combinano variabili esistenti, si calcolano rapporti, differenze, prodotti o potenze, si inseriscono flag logici e interazioni di ordine superiore. Negli e‑commerce, dal prezzo unitario e dalla quantità si può derivare il valore dello scontrino medio e la frequenza di acquisto, variabili spesso più informative del prezzo isolato. Nelle serie temporali, lag e rolling window catturano memoria e dinamiche locali. Nel Natural Language Processing, tecniche come TF‑IDF, embedding word2vec o BERT rappresentano la realtà semantica nascosta nelle parole.
4. Selezione e riduzione
Più feature non significa sempre migliori modelli. Aumentare la dimensionalità oltre un certo punto indebolisce il segnale con il rumore e rallenta l’inferenza in produzione. Metodi filter come variance threshold, Mutual Information e test di chi‑quadrato rimuovono variabili meno informative. Approcci embedded come L1 regularization o feature importance in alberi e gradient boosting mettono un prezzo matematico alla complessità. Riduzioni dimensionali non lineari come UMAP e autoencoder preservano la struttura locale, utili per dati di logistica o e‑commerce con decine di migliaia di categorie.
5. Validazione e monitoraggio
Il cerchio si chiude con una fase di validazione rigorosa. K‑fold cross‑validation, split temporali, holdout geografici o fiaschi di hyperparameter search aiutano a stimare la bontà delle feature fuori campione. Ma la partita non finisce al model handoff: in produzione, lo drift monitoring controlla se le distribuzioni delle feature cambiano nel tempo, facendo scattare alert quando la realtà supera i limiti statistici prefissati.

Tecniche Principali
Le tecniche di Feature Engineering si possono suddividere in quattro grandi famiglie: trasformazioni matematiche, encoding, aggregazioni e riduzioni. Ognuna contribuisce a un diverso aspetto della modellazione.
Trasformazioni matematiche avanzate
Oltre a logaritmi e radici, trasformazioni come Yeo‑Johnson e Box‑Cox possono rendere la distribuzione più prossima alla normalità migliorando i modelli lineari. Anche l’application di rank‑gauss, che z‑scora il rank dei valori, spesso aumenta la robustezza di reti neurali su tabellari riducendo l’impatto di outlier estremi.
Encoding categorico sofisticato
Per gestire variabili con alta cardinalità – pensiamo a codici postali o SKU – i metodi target based (target, leave‑one‑out, James‑Stein) condensano ciascuna categoria in un’unica cifra che riflette la correlazione con la variabile dipendente. Questa tecnica riduce drasticamente il numero di colonne mantenendo il segnale informativo.
Aggregazioni gerarchiche
In dataset multi‑granularità, come vendite al dettaglio con filiali, reparti e prodotti, la costruzione di aggregazioni gerarchiche (volume settimanale per reparto, margine medio per store, tendenza di crescita per regione) crea un multi‑livello di feature che cattura pattern globali e locali. Un albero decisionale potrà usare l’informazione globale quando la locale non è sufficiente, riducendo l’overfitting a negozi con dati rari.
Riduzione guidata dal modello
In alternativa alle tecniche unsupervised come PCA, i autoencoder supervisionati comprimono le feature ottimizzando una loss legata al task finale. Ad esempio, un autoencoder condizionato alla probabilità di default bancaria impara uno spazio latente che massimizza la separazione tra “buoni” e “cattivi” creditori pur riducendo la dimensionalità.
Applicazioni
Il Feature Engineering trova applicazione in qualunque dominio data‑driven, ma alcuni casi mostrano in modo lampante il suo potente impatto sul business.
Finanza e assicurazioni
Una banca europea ha ridotto del 15 % le perdite da carte di credito insolventi sostituendo un modello logit basato su anagrafiche con un gradient boosting addestrato su 300 feature di comportamento di spesa: varianza dell’importo, densità geografica delle transazioni e trend di utilizzo del contante. Il nuovo set di variabili ha spinto l’AUC ROC da 0,72 a 0,86, con un risparmio annuale di 22 milioni di euro.
Retail ed e‑commerce
Un marketplace globale ha adottato feature di customer‑journey shaping. Oltre alla semplice frequenza di visita, gli ingegneri hanno introdotto temporal decay (peso esponenziale alle azioni recenti), path length (numero di tap prima dell’acquisto) e session entropy (diversità di categorie sfogliate). Il motore di raccomandazione ha visto il click‑through rate crescere del 9 % e il conversion rate del 3 % in test A/B.
Manifattura e IoT
In una fabbrica automotive, sensori di vibrazione registravano dati a 1 kHz. Dal segnale grezzo sono stati generati 120 feature spettrali (ampiezze FFT in bande di frequenza) e statistici (kurtosi, skewness, RMS). Il modello di predictive maintenance ha identificato guasti su cuscinetti con un anticipo medio di 36 ore, riducendo i fermi linea del 40 %.
Sanità digitale
Un ospedale universitario ha costruito un modello di triage di pronto soccorso con oltre 500 feature da cartella clinica elettronica, tra cui indicatori latenti come tempo dall’ultima somministrazione di analgesici, punteggio di mobilità e indice di comorbidità. Il sistema ha raggiunto un’accuratezza del 91 % nel predire l’ammissione in terapia intensiva, migliorando l’allocazione dei posti letto.
Futuro e Tendenze
Tre tendenze domineranno i prossimi cinque anni.
Automated Feature Discovery. Framework come Google AutoML Tables, Microsoft AutoVerse e librerie open‑source come Featuretools eseguono deep feature synthesis. In pochi minuti generano migliaia di variabili candidate incrociando profondità di join, finestre temporali e trasformazioni matematiche. Il ruolo dell’esperto si sposta dal creare feature al curare e validare le proposte.
Feature Store e MLOps. In architetture cloud‑native, le feature vengono calcolate una sola volta e memorizzate in feature store (Tecton, Feast, Databricks Feature Store). Ciò garantisce coerenza train‑serving, auditing e versioning. Le pipeline definiscono freshness e ttl: se il dato si discosta, triggerano un backfill o un retrain automatico.
Explainability‑first. Con l’entrata in vigore dell’AI Act europeo, la spiegabilità non sarà più optional. Tecniche di SHAP, LIME e counterfactual explanations diventeranno step obbligatori in pipeline di produzione, spingendo i team a preferire feature interpretabili – per esempio tassi, rapporti e indicatori clinici – rispetto a embedding opachi.
Questi trend non eliminano la necessità di competenza umana. Gli algoritmi di sintesi sono ottimi per proporre, ma almeno nel breve termine la qualità finale dipende dall’esperto di dominio che sa quali feature hanno senso nel contesto operativo, quali rischiano di essere discriminatorie e come bilanciare performance e fairness.
Per chi si affaccia ora alla disciplina, il consiglio è di padroneggiare i pattern classici prima di saltare nei tool automatici: capire la logica dietro un lag feature o la ragione per cui la target encoding può causare leakage resterà conoscenza preziosa, indipendentemente dal framework usato.
In definitiva, il Feature Engineering rimane la chiave di volta tra dati grezzi e machine learning di qualità. Che tu stia sviluppando un sistema di fleet‑management o un motore di raccomandazione, ricordati che le feature sono il linguaggio con cui spieghi al tuo algoritmo come funziona il mondo: più quel linguaggio è ricco e preciso, più il modello saprà ascoltare.
FAQ
Cosa si intende per Feature Engineering?
Il Feature Engineering è il processo di creare, trasformare o selezionare variabili (feature) a partire dai dati grezzi per migliorare le prestazioni di un modello di machine learning. Comprende pulizia, codifica, scaling e costruzione di nuove caratteristiche informative.
Quali sono le 5 Feature Engineering?
I cinque approcci più usati sono:
- Imputazione dei valori mancanti (mean, median, K-NN, indicatori).
- Codifica delle variabili categoriche (one-hot, target, ordinal).
- Scaling/Normalizzazione (standard, min-max, robust, log).
- Trasformazioni (Polynomial features, Box-Cox, PCA, embedding).
- Interazioni & aggregazioni (creazione di feature derivate, rapporti, statistiche di gruppo, temporal lags).
La Feature Engineering sarà la base dell'EDA?
L’EDA (Exploratory Data Analysis) precede e guida il Feature Engineering: esplorare distribuzioni, outlier e relazioni suggerisce quali trasformazioni applicare. Quindi l’EDA è il fondamento; la Feature Engineering ne è la naturale evoluzione operativa.
Che cosa è l'overfitting nel machine learning?
L’overfitting avviene quando un modello apprende rumore e particolarità del set di training invece dei pattern generali: eccelle sui dati visti ma ha scarsa capacità di generalizzazione sui dati nuovi, causando errori elevati in produzione.
Cosa significa NLP in ingegneria?
NLP sta per Natural Language Processing: ramo dell’ingegneria dell’intelligenza artificiale che progetta algoritmi per comprendere, generare e analizzare il linguaggio umano (tokenization, parsing, sentiment analysis, LLM, chatbot).
Autore
Nicolò Caiti – Esperto di MarTech e AI applicata al marketing digitale. In questo blog condivido casi studio, analisi e best practice su come trasformare i dati in leve strategiche grazie a tecniche di Feature Engineering e modelli explainable.
Domande frequenti
Cos'è il Feature Engineering?
È il processo di trasformazione creativa dei dati grezzi in variabili (feature) significative che potenziano le prestazioni dei modelli di machine learning.
Perché il Feature Engineering è così importante?
Perché la qualità delle feature incide direttamente sulla capacità predittiva e sulla spiegabilità del modello: variabili ben progettate possono aumentare l'accuratezza e ridurre i bias più di un cambio di algoritmo.